Press Release - patrizia mancuso artist

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Press Release


Reviews


“INTERSECTION of the INVISIBLE”, Amsterdam Withney Gallery, New York (USA)


Marc Chagall declared: “If I create from the heart, nearly everything works.” Swiss Contemporary figurative artist Patrizia Mancuso expresses the female soul through limitless emotions as she reveals the meanings of existence in the universality of humankind. Her high voltage introspective figures communicate an individual mood unique and unrepeatable between compositions. Through her symbolic narratives, she opens a window to the flow of feelings, memories and emotions, giving tangible shape to the suggestion of timeless moments. Combining realism with symbolism, she utilizes variegated brushwork to dynamically depict emblematic imagery fully imbued with imaginatively fulfilling subtexts about womankind in relation to our global world.

Ms. Mancuso creates visceral scenarios through her use of line and symbolic figuration; color and line play equal roles, fluidly combining into expressive canvases with figuration that heralds a deeper universal symbolism when paired with her meditative titles. Her canvases intend to bring forth contemporary issues by transforming the particular into universal questions of human existence. Her universal language speaks to relevant global circumstances including social justice, racial and gender equality, democracy, and freedom. Her current series is a collection of paintings symbolizing emotions through the natural beauty of the female figure. Hidden within mysterious backgrounds, luminous figures emerge from the depths of darkness, with undulating curves and flowing hair breezing throughout the intimate compositions. Deportation, Alienation, and Isolation are among the various emotions improvised through the sensual curves of the female body. Ms. Mancuso’s return to the body and its subsequent emotional and physical expressions is a return to an investigation of modernity’s primordial relationship with our natural bodies unmediated by the products that consume daily existence. In Ms. Mancuso's series, the body again becomes an autonomous agent for harmoniously expressing our emotions and feelings.

The award-winning, self-taught artist Patrizia Mancuso works and resides in Switzerland. She exhibits internationally in group and solo exhibitions throughout Europe and the United States. Her artwork is treasured in many public and private collections worldwide. Amsterdam Whitney Gallery is proud to showcase the artwork of this contemporary master.


"ESPOSIZIONE TRIENNALE DI ARTI VISIVE A ROMA 2014, TILTESTETICA, a cura di Daniele Randini Tedeschi, EDITORIALE GIORGIO MONDADORI, Roma (Italy)

Quando ho parlato di nuova iconografia al posto di una nuova avanguardia ho inteso dire quanto segue: l'estetica in tilt è un fatto aggregativo, finalmente un moto sociale, ma Calabria non rientra in questa spontaneità poiché la teoria di tali postulati è parallelamente germogliata al passo con la sua stessa pittura. Autoritratto, il pensiero, il caso, la carne è icona in virtù di un abbandono del racconto, del concetto e della linguistica.
E proprio in luce a questo, ho sempre creduto che la pittura in senso antico non fosse finita, anzi ho cercato fortemente il modo ed i mezzi per far sì che tutto non terminasse con gli sconquassi novecenteschi o con i vani ritorni all'ordine. Pertanto le opere di Patrizia Mancuso, e parlo al plurale poiché tutte quelle dell'ultima serie sono di livello equipollente, mi giungono ora, dopo la minacciosa onda delle Avanguardie.
Capitol Hotel è l'asilo dei nostri vessilli, è il luogo ove rintanarsi nelle piovose giornate invernali per perdersi, una volta denudati, nei corridoi desolati, nelle hall decrepite e stinte, nei piani impolverati e logori.
Sboccia una fievole voluttà di sfregare le nostre nudità sulle vitree rugosità delle piastrelle, entro la vuota piscina che, grande bara ricoverta di festoni a lutto, accoglie codesta carne umida e odorosa.
Mancuso raffigura il vuoto, l'assenza di quel passato, del tutto, persino di un minimo ricordo. Tutto è cancellato in quell'ambiente neutro e la squisita donna nuda è persa nell'amnesia vigile e cosciente. Se da un lato Pizzi Cannella percepisce lo stesso spaesamento, regalando sprazzi e barlumi di ricordi (Salon de Musique) Patrizia Mancuso approfondisce ancor più tale visione sussurrando che tutto è uguale, ogni cosa possiede la stessa depressione. L'ambiente vuoto è il ventre vuoto, la cavità scolorita è la reminescenza incolore, il degrado esterno è lo sfacelo interiore.
Nei quadri di Mancuso emerge una componente esistenzialista-nichilista di fondo che si potrebbe riassumere nelle parole di Camus: "Ogni generazione si crede votata a rifare il mondo. Ma la mia generazione sa che non lo rifarà". Le sue nude protagoniste sono la metafora dell'umanità caduta, della sconfitta, della noia. Se Gustave Moreau con le sue gustose Salomé sperdute nei bazar rappresentava la decadenza, Mancuso attraverso le Ofelie annegate nel vuoto cristallizza la rovina.


"VECCHI, CRISTI E MADONNE. QUEL CHE RESTA." a cura di Paolo Blendinger, Torricella (Switzerland)

Una serie di visi, persone anziane svolte con una pittura rarefatta in cui si alternano tratti descrittivi di ricordo Seicentesco e parti astratte, non dipinte, luoghi d’assenza. Questi vecchi ci guardano e c’interrogano confrontandoci coi loro tratti segnati dal tempo e dall’esperienza, i volti sono scavati, calati in una quasi-monocromia dominata dai grigi come se fossero della stessa materia delle pareti rocciose delle nostre valli, sembianze, apparenze... fissate, immobili.

In quest’ultimo ciclo pittorico Patrizia Mancuso, che si è avvicinata alla pittura non più di 7 anni fa con una fede ed una dedizione rara, ci propone quello che è forse il tema centrale dell’arte: il volto.
Dal profilo storico e di concetto, la nostra cultura affida a questo tema l’essenza ultima di ogni rappresentazione, simbolicamente dal momento preciso in cui il volto del Cristo, che una mano pietosa aveva asciugato dal sudore nella Via Crucis, è rimasto impresso nella Veronica, letteralmente la vera icona, la vera immagine.
Ed allora se quel volto rappresenta l’immagine assoluta non è affatto casuale che proprio a questo tema siano state affidate le ricerche di alcuni dei massimi artisti del nostro passato da Rembrandt a Medardo Rosso, da Jawlensky a Francis Bacon, artisti che sono andati oltre la verosimiglianza di quello che consideriamo il ritratto per giungere ad una sorta di immagine speculare in cui si riflette ognuno di noi, primo fra tutti l’autore stesso in un approccio che diventa meditazione – riflessione appunto – sul nostro destino, sul nostro errare.
In Mancuso la figura umana è sempre stata al centro della sua indagine fin dai suoi esordi. Quasi sempre era una figura femminile posta in ambientazioni estranianti, composizioni in cui si ponevano gli stilemi delle proprie inquietudini e paure e ansie.
Qui qualcosa di nuovo che si è originato dal ritratto dell’anziano padre, dall’esigenza di una figlia per un confronto a lungo rimandato, un confronto che attraverso la malattia e l’età si è imposto in modo perentorio.
Non poteva l’artista sfuggire, rimandare quell’incontro che poi si è ampliato per empatia a tutto un mondo generazionale circostante, quasi fossero quegli anziani, loro quali individui e non lo spazio, l’ambiente in cui il padre vive.
Con assoluta coerenza la Mancuso ha riproposto un contesto, esattamente come come in precedenza le sue figure femminili erano poste in corridoi di alberghi abbandonati, e giardini, e piscine e teatri.
Tutto implode su questo padre da persona a persona.
Inedita è anche la pittura, quella deflagrazione formale tra rappresentazione e vuoto, quell’insistenza gestuale della descrizione e quel lasciar via, sorta di incompiuto che affida allo spettatore, alla sua visione interiore, il completamento dell’immagine.
Uno dei grandi artisti sopra citati giunse nella sua ultima opera all’ Ecce Homo chiudendo idealmente il cerchio il cui punto di partenza avevamo individuato nella Veronica: Mancuso chiude provvisoriamente il suo ciclo dei volti con delle Madonne e bambino, proponendoci ancora una volta una curiosa specula d’immagini in cui riaffiora il suo lato Pop con quell’ironia ed un pizzico di provocazione che traspare anche nel titolo che ha voluto dare alla sua mostra …



 


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